Il gioco di ruolo, parte seconda

Buongiorno!
Qualcuno di voi sa che fine abbia fatto Aprile?
Qui lo stiamo cercando in mezzo alle nuvole e alla pioggia, ma al momento di lui nessuna notizia, per cui non ci resta che aspettare che ritorni continuando a parlare del gioco di ruolo.
Ieri sera vi avevo lasciato con la promessa di raccontarvi l'esperienza formativa di due giorni fa, con tutti gli annessi e connessi, comprese le lacrime e le convulsioni da risata incontenibile.
L'incontro formativo di domenica era rivolto a tutti coloro che svolgono in parrocchia un ruolo educativo nei gruppi di Azione Cattolica.
Lo scopo dell'incontro era quello di definire la figura del laico di ACI, soprattutto in funzione della risonanza che  questo abito ha sul proprio ruolo di responsabile educativo dei vari settori. Per riflettere sulle problematiche e le criticità connesse al proprio ruolo educativo,  siamo stati coinvolti, come vi dicevo, in un gioco di ruolo, per il quale si è scelta la formula che prevede la suddivisione del gruppo in due sottogruppi in modo che ci fossero attori e osservatori. Ogni sottogruppo ha avuto la possibilità di essere attore prima e osservatore dopo o viceversa.
Proviamo a definire ogni elemento fondante del gioco:
1) il contesto: ambito in cui si deve svolgere l'azione da mettere in scena, come ad esempio l'equipe di lavoro, la squadra delle pulizie, la classe, il collegio docenti..; 
2) la situazione problematica: il preciso compito che il gruppo deve  assumersi sciogliendo i nodi e trovando risposte e soluzioni e un problema dato (es. organizzare un evento, programmare la formazione annuale, ...)
3) gli attori:  coloro ai quali è richiesto di calarsi in un ruolo che può essere specifico e istituzionale (insegnante, avvocato, sacerdote, educatore, educando.....) o più generico e caratterizzato da un atteggiamento o una serie di atteggiamenti che definiscono il ruolo che il singolo assume all'interno del gruppo (leader, mediatore, apatico, emarginato, distaccato...);
4) la (o le) criticità: elementi che ostacolano il lavoro del gruppo, rendendo difficile, se non impossibile, l'attivazione di efficaci strategie di problem solving (conflitti, comunicazione inefficace, mancanza di competenze specifiche, difficoltà di coordinamento...);
5) il canovaccio: una serie di indicazioni in cui vengono definiti i punti precedenti e che dovrà guidare l'interpretazione spontanea degli attori.
Gli osservatori, infine, sono coloro che  non partecipano all'azione ma osservano, cercando di interpretare i ruoli di ogni singolo attore e di scoprire la situazione problematica e la criticità implicita o manifesta; il loro ruolo sarà fondamentale nella successiva fase di analisi delle dinamiche sociali e relazionali, oltre che funzionali alla risoluzione del compito, emerse nel corso dell'azione.
Ecco come si è concretizzata questa formula nel gruppo di cui facevo parte io:

1) contesto: riunione del gruppo animatori del settore giovanissimi della parrocchia;
2) situazione problematica: programmazione delle attività per i mesi successivi;
3) attori:  animatori giovanissimi, il cui singolo ruolo era  generico e definito da una serie di atteggiamenti in base ai quali   la composizione del gruppo risultava  la seguente:
- la saputella: ragazza che, essendo passata da un'esperienza all'altra e avendo sperimentato realtà parrocchiali diverse, di cui alcune addirittura nel lontano Lazio, pretendeva di monopolizzare la discussione dando per giusto e insindacabile il proprio punto di vista "cosmopolita";
-l'organizzatore perfetto: animato da spirito manageriale e con una grande passione per i grandi eventi, tentava di ricondurre sempre la discussione su gite fuori porta con annessi mezzi di trasporto e magliette sponsorizzate per ogni partecipante;
-lo sfiduciato: reduce da ripetuti insuccessi, si poneva ai margini della discussione, salvo tentare di smontare l'entusiasmo altrui riportando dati catastrofici di esperienze precedenti;
-l'insicuro: ancora più ai margini dello sfiduciato, faticava a prendere la parola a causa di una incapacità di affermare le proprie idee, tradotta inevitabilmente in accettazione passiva di quelle altrui;
-l'impreparato: assolutamente disinteressato alla situazione, al contesto e alle singole persone, mostrava notevole fatica nel ricordare i nomi di ognuno, nel prestare attenzione all'argomento della discussione, preferendo perdersi in un mondo a parte che lo portava a fare interventi assolutamente inopportuni e per niente contestualizzati;
- la mediatrice: facendo leva su una lunga  esperienza nella conduzione dei gruppi, resa forte anche dalla dimensione diocesana, cercava in tutti i modi di riportare la discussione sulla strada giusta, proponendo sempre nuove letture della situazione e tentando di cogliere il lato positivo di ognuno trasformandolo in valido contributo per il gruppo;
-il pessimista: molto più catastrofico dello sfiduciato, piuttosto che incoraggiare e stimolare entusiasmo, tentava di smorzarlo sottolineando ogni possibile ostacolo alla buona riuscita di ogni attività proposta.
4) criticità: incapacità organizzative dovute soprattutto alla tentazione di imporsi sugli altri rinunciando all'ascolto e alla necessità di coordinarsi mirando a un obiettivo comune;
5) canovaccio: ogni singolo membro del gruppo ha pescato da una scatola il proprio atteggiamento ed è stato informato sul contesto e sulla situazione problematica da risolvere nonostante le criticità preannunciate.
Agli osservatori dell'altro sottogruppo è spettato il compito di analizzare la scena messa in atto, cercando di indovinare contesto e situazione problematica e i ruoli di ogni singolo membro,  e di fare emergere le criticità emerse nel corso della discussione. In entrambe le scene, un dato emerso è stato senz'altro l'incapacità di mettere da parte il proprio ego e di innescare meccanismi comunicativi efficaci e mirati alla collaborazione e alla corresponsabilità
Il gioco, in definitiva, si è rivelato particolarmente costruttivo e formativo, poiché ci ha offerto elementi validi su cui costruire un confronto sereno e aperto su alcuni punti che nella realtà quotidiana spesso costituiscono reali ostacoli alla realizzazione degli obiettivi di ognuno e della collettività.
Mi piacerebbe concludere il post con queste riflessioni "scientifiche" e professionali, ma non posso esimermi dal raccontarvi gli effetti collaterali  che il gioco ha avuto soprattutto su di me.
L'attacco isterico di risata convulsiva certo non deve avere messo i miei compagni di gruppo nelle condizioni ottimali per portare avanti una scena realistica e degna di un vero e proprio Role Play.
Io, però, come sempre, provo a portare alla Corte gli elementi che potrebbero scagionarmi da un'accusa severa e inappellabile. 
Sfido chiunque a rimanere serio  di fronte a un'amica di cui conosci quasi tutto che, improvvisamente, si trasforma in una petulante e insopportabile saputella che non fa altro che vantare passaggi discutibili da una parrocchia all'altra ed esperienze extraterritoriali in città come Viterbo di cui, a stento, ricordi nome e regione d'appartenenza. Se poi a questo aggiungete un sacerdote che impersona un insicuro pur essendo, vi assicuro, l'esatto contrario, un segretario diocesano posseduto dall'animo di un esaltato agente di viaggi, un marito che mette le mani avanti profetizzando piogge e catastrofi di ogni tipo e un ex presidente parrocchiale che dopo anni di fatica per trascinare gli altri afferma che «tanto non serve a niente», la situazione diventa così surreale da fare cadere ogni barriera inibitoria e smontare ogni costrutto di concentrazione e serietà.
La mia, già fragilissima serietà, poi, è stata distrutta definitivamente e inesorabilmente da un presidente diocesano (troppo amico per poterlo ignorare) che impersonava la parte di un educatore impreparato, assumendo un'espressione e un atteggiamento che, più che impreparato lo facevano sembrare imbottito di qualche potentissimo preparato chimico (a cui, peraltro, avrebbe libero accesso "professionale", essendo rappresentante di farmaci per la terapia del dolore!).
Alla luce di questi elementi, quindi, ditemi sinceramente: sareste riusciti a mantenervi seri? Avreste mai potuto impersonare una rispettabile educatrice capace di leggere ogni situazione con calma e serietà, se la situazione da leggere fosse stata più simile a una barzelletta che a un problema da risolvere?
Io vi sfiderei a provare...

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