Genitori E insegnanti, non genitori CONTRO insegnanti!

Nella "Lettera a noi genitori" pubblicata Domenica su Robinson, supplemento di Repubblica, Matteo Bussola (autore di Notti in bianco, baci a colazione, edito da Einaudi nel 2016) ci invita a riflettere sul rapporto tra i genitori e gli insegnanti che molte volte, piuttosto che tradursi in un confronto sano e funzionale alla crescita del bambino o del ragazzo, si esaurisce in un arido scontro.
A parere dell'autore troppo spesso i genitori, pur di difendere i propri figli, si lanciano in invettive e giudizi contro gli insegnanti (quando non addirittura in denunce), senza chiedersi cosa ci sia dietro un rimprovero o un voto non proprio bellissimo.
Se un tempo i genitori rispondevano al racconto di un rimprovero ricevuto a scuola con un altro rimprovero (magari esagerando nei modi e nei toni) adesso, al contrario, ogni parola in più detta da un insegnante innesca nei nuovi genitori un desiderio di rivalsa e un ricorso a spedizioni punitive nei confronti di docenti stanchi di doversi giustificare per ogni cosa.
Avendo due bambini a scuola, entrambi alla primaria, anche io mi scontro spesso con questa tendenza a colpevolizzare la classe docente, piuttosto che sforzarsi di comprenderla e, soprattutto, di cooperare con essa. Spesso si dimentica che la scuola è l'interfaccia del ruolo educativo genitoriale, in essa i figli si formano non solo nei contenuti e nelle conoscenze, ma anche e soprattutto nel carattere e nella personalità.
A partire dall'infanzia fino al compimento degli studi superiori, la scuola accompagna i bambini, poi ragazzi, nella fase di crescita più complessa e variegata della loro vita: li accoglie piccoli appena usciti dal nido domestico, egocentrici esserini che col tempo imparano a convivere e condividere, a imporsi o mettersi da parte, a lottare per le proprie autonomie diventando, progressivamente, individui maturi e in grado di tuffarsi nel mondo universitario o in quello del lavoro.
La parte di vita che la scuola accompagna nei lunghi anni della loro istruzione (circa 15 anni, e non sono pochi) segna inevitabilmente il corso delle loro scelte future, nel bene e nel male.
Il tempo che bambini e ragazzi trascorrono tra i banchi di scuola spesso supera anche quello trascorso tra le mura domestiche, motivo per cui i genitori hanno il dovere morale, oltre che il diritto, di fidarsi e affidarsi a quell'istituzione che non è e non può mai essere nemica ma deve essere alleata.
E un'alleanza nasce, cresce e si costruisce in due direzioni, non può mai fondarsi su un rapporto unidirezionale: la fiducia e l'affidamento devono essere reciproci.
Fiducia reciproca vuol dire per i genitori sapere che la scuola e, nello specifico, gli insegnanti, opereranno sempre e comunque in funzione del bene e del benessere dei propri figli, di cui dovranno rispettare tempi, passioni, talenti e, soprattutto, dignità.
Per gli insegnanti, fiducia vuol dire sapere che la famiglia, in base alle proprie possibilità sociali, economiche e culturali, farà del proprio meglio, quotidianamente, per trasmettere al figlio la giusta motivazione allo studio.
Affidarsi vuol dire per i genitori potere essere certi che gli insegnanti saranno in grado di svolgere il proprio ruolo con competenza, umana e professionale, che sapranno conciliare istruzione ed educazione, contenuti e relazioni, gratificazioni e ammonimenti, entrambi il più possibile imparziali e fondati oggettivamente.
Dal canto loro, gli insegnanti devono potersi affidare ai genitori, confidando nella loro capacità di riconoscerne la professionalità, di appoggiarne le scelte, qualora queste non siano arbitrarie e lesive della dignità del proprio figlio.
Non si può certo affermare che sia semplice costruire relazioni così efficaci, sinergie così costruttive e durature nel tempo, perchè non sempre  le due parti mostrano l'elasticità e la flessibilità adeguate.
Non esiste una ricetta valida universalmente, ma basterebbe ricordarsi sempre che il percorso di crescita è più sano se ogni bambino, ogni ragazzo, può percepire di avere accanto a sè genitori E insegnanti e non debba essere invece al centro di una guerra continua dei suoi genitori CONTRO gli insegnanti.


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