I compiti per casa

Cosa ne pensate voi dei compiti per casa dei vostri figli?
Se posta a me, questa è una delle domande a cui risponderei: «ksjhfsjkhfiu hbjfhgvfbcu fhkcnvnfhsjbnn!». Con tono particolarmente sereno e rilassato, potrei aggiungere anche: «jgufdfghjklkjhgfdxcbnfgbn  hdjfvkdfdfghjk fghjklkjhgfghjk!!!!!».
In questo momento, poi, la mia frase assumerebbe una sfumatura ancora più serena e rilassata, e risuonerebbe, all'incirca, così: «aaaaaaaaaarghhhhhhhhjhajhsjdhjahdajdhajh!!!!!!!!!!!».
Utile, al momento, sarebbe la canzone sanremese Occidentali's Karma, di  Francesco Gabbani, poichè una delle pratiche che mi aiutano a sostenere questo simpaticissimo impegno quotidiano è quella di estraniarmi totalmente dal mondo esterno, fingere di non avvertire alcuno stimolo sensoriale, ignorare ogni impulso reattivo, e pronunciare più volte il verso finale della suddetta canzone: «Ohhhmmmmmmm! Ohhmmmmmm! Ohmmmm!».
Inutile dirvi che, in questo momento, leggendo questo post, state contribuendo a salvare me e il mio figliolo da un litigio epocale. 
Ma andiamo per gradi, e cerchiamo di analizzare a fondo il problema, valutandone punti di forza e criticità.
Ovviamente (non potrei affermare il contrario essendo una pedagogista), credo nella valenza dell'esercizio e dell'approfondimento a casa di quanto fatto nel corso della mattinata. Sono pienamente convinta che lo studio fatto a casa, singolarmente piuttosto che insieme al gruppo classe, sia un modo indispensabile per rafforzare conoscenze e competenze del bambino o del ragazzo.
Non credo però nella valenza didattica o educativa della Quantità.  A mio parere, infatti, la Qualità di un apprendimento è, il più delle volte, inversamente proporzionale alla quantità dei compiti imposti per casa. Di certo, la relazione tra quantità e qualità non può definirsi come un dato oggettivo e assoluto, poichè bisognerebbe adeguarla ai ritmi e alla capacità soggettiva di sostenerne la fatica, ma anche alla tipologia di compito da svolgere. Un compito stimolante e accattivante  può essere proposto anche in quantità, sempre a patto che questa sia adeguata all'età dello studente, e sempre ammettendo che quello che può risultare piacevole per uno di loro non è detto che lo sia per altri.
Tipico esempio, in questo caso, sono i miei figli: fratelli di sangue, ma perfetti sconosciuti in tema "compiti per casa".  Luca, ad esempio, sarebbe in grado di fare varie letture con spiegazione senza reclamare e si diverte a ripetere tutte le materie umanistiche, mentre trema ogni volta che sul diario ci sono scritti i compiti alla voce "MATEMATICA"; Sara, invece,  riesce a svolgere le operazioni matematiche in un tempo rapidissimo e senza lamentarsi, a differenza delle volte in cui reputa che una lettura sia talmente lunga che sarebbe meglio evitarla.
Entrambi, però, con grande approvazione mia e del padre, non sopportano le numerazioni infinite, così come i copiati molto lunghi; quei compiti, cioè, che richiedono una reiterazione che via via fa scemare il loro livello di attenzione, trasformando lo stimolo ad apprendere in assoluta e deleteria NOIA.
A questo punto, onde evitare problemi diplomatici con la maestre dei miei figli, che oltretutto si ostinano a segiure il mio blog, mi preme precisare una cosa e cioè che, nella maggior parte dei casi, la quantità di compiti da loro assegnati è abbastanza razionale. 
Capita però che qualche volta scappi una numerazione di troppo,  un copiato molto lungo o un  abbinamento tra materie per cui non basterebbe neanche un pomeriggio intero. 
Se poi alla quantità corrisponde, come oggi, un'assoluta mancanza di predisposizione da parte dei bambini, il disastro è assicurato.
La svogliatezza, almeno nei miei figli, si può tradurre  in due comportamenti, opposti, ma ugualmente estenuanti (a volte anche in un'alternanza tra i due):
A. lamento straziante e continuo, intervallato da pianti isterici e  demoralizzati e da continue esclamazioni drammatiche e teatrali del tipo "non ce la farò maaaaaaiiii!"; 
B. incontenibile e contagiosissima ilarità che li spinge a ridere di una cosa anche banale, a farsi dispetti continui, a emettere suoni scomposti di vario tipo che non fanno che aumentare la loro tendenza a ridere sfrenatamente e a prolungare all'infinito anche compiti che potrebbero svolgere in un secondo e mezzo.
In entrambi i casi, inutile sottolinearlo, il risultato è una mia progressiva e irrimediabile perdita di pazienza, che aumenta la tensione fino a livelli a volte insopportabili.
Ed è allora che l'unica cosa da fare, per una mamma che come me segue i propri figli nei compiti, è questa:
«Ohmmmmmmmmm! Ohmmmmmmm! Ohmmmmm!».


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