Quelli che ... lo smartphone

Se la trousse di trucchi è certamente una delle migliori compagne di vita per una donna, lo smartphone può senz'altro essere considerato un'altra componente indispensabile della quotidianità di ognuno, senza distinzione di sesso, cultura, estrazione socio-economica e, purtroppo, senza distinzione d'età.
Dico purtroppo perchè mi duole constatare quanto si sia abbassata l'età dei possessori di questi aggeggi tanto utili quanto pericolosi. Ma il mio post non vuole parlarvi di questo, poichè mi ripropongo di affrontare l'argomento in maniera più dettagliata e approfondita.
Oggi vorrei semplicemente provare a individuare le varie tipologie di persone in relazione al loro modo di rapportarsi allo smarthphone. 
Mi piacerebbe partire da quelli che «lo smartphone non fa per me! Meglio un semplice e antico cellulare, che a me serve solo per telefonare! Mica per stare tutto il giorno su uazzappe o feisbuc come fate voi..». Tale posizione, come sempre, è da considerarsi valida in alcuni suoi aspetti, poichè rivendica il valore inestimabile della relazione diretta con gli altri, mostra di preferire una sana e lunga telefonata o, meglio, un incontro diretto con sguardi e abbracci, ad una comunicazione glaciale e distante fatta di messaggi lampo e spesso abbreviati al punto da somigliare a sigle di associazioni no profit.
Come in ogni situazione, però, le posizioni estreme non portano mai a nulla di buono poichè, oggi come oggi, rinunciare ad uno strumento come lo smartphone è motivo di isolamento e rende le persone meno esposte alle informazioni (anche alle bufale, in realtà!). Se utilizzato correttamente, infatti, uno strumento di connessione sociale come whatsapp comporta vantaggi non irrilevanti poichè consente di raggiungere una o più persone contemporaneamente con una rapidità mai vista prima.
Collocati nel polo diametralmente opposto, ci sono poi quelli che «senza lo smartphone non vivo più! Ormai non se ne può più fare a meno! Ma come fai tu senza??!!» che si giustificano per non avere trasmesso notizie più o meno importanti a familiari e amici perchè loro non hanno lo smartphone e quindi non erano altrimenti raggiungibili, come se gli antichi ed efficaci metodi  (una semplice telefonata, ad esempio) non fossero più utilizzabili e una persona munita di un normale telefono sia paragonabile a chi, in epoche precedenti, viveva in luoghi non raggiungibili dai servizi di poste e telegrafi.
Nel mezzo tra questi due estremi, ci sono poi infinite categorie, per cui cercherò di elencarvi quelle che conosco meglio.
Una a me vicina, ad esempio, rimanda a quelli che «posso anche avere lo smartphone, ma sono pur sempre  un marito!», il che può significare tante cose, come ad esempio uscire di casa per un tempo non ben identificato e lasciare sul comodino il cellulare, noncuranti di mogli che potrebbero avere bisogno di reperirli con una certa urgenza. Può significare anche mandare messaggi del tipo «sto arrivando» secondo la loro personalissima percezione dello spazio/tempo (fondamentale per comprendere questo punto è la mia teoria della relatività) e giungere a destinazione un'ora dopo (se non due!).
Ci sono anche quelli che, come me (un po' di outing non fa mai male), «sono così disordinata che lo smartphone non so neanche dove l'ho messo!» e riescono a trovarlo solo chiamando al proprio numero per farlo squillare.
Peccato, però, che a volte il cellulare sia scarico e spento!
Sempre a questa categoria appartengono coloro che sottopongono il loro apparecchio a bagni in liquidi di varia natura che, nella migliore delle ipotesi, non lo distruggeranno ma lo renderanno incapace di svolgere il 90% delle proprie funzioni e autonomo nella gestione delle comunicazioni. Eccolo quindi capace di inviare messaggi a persone e gruppi sbagliati e di premere il tasto invio ad ogni digitazione, al punto da rendere il messaggio assolutamente illeggibile.
L'ultima categoria che vorrei analizzare con voi oggi, rimanda a quelli che «ho lo smartphone ma ho una laurea in psicologia, per cui ho interiorizzato e personalizzato l'uso di whatsapp e  di ogni forma di comunicazione».
Lo so, vi starete chiedendo cosa c'entri la laurea in psicologia con l'uso creativo della comunicazione mobile. Come sempre ho i miei dati scientifici che supportano quanto affermo. 
Essendo pedagogista, purtroppo o per fortuna, mi trovo a lavorare fianco a fianco con degli psicologi o, per essere più precisa, con delle psicologhe.
Le due a cui penso usano il cellulare esattamente allo stesso modo, cosa che mi ha fatto pensare a un corso universitario specifico inserito nel loro piano di studi, del tipo Teorie e tecniche dell'uso psicologico e introspettivo dello smartphone. Entrambe mi confermano di aver frequentato questo corso.
Questi i tre principi fondamentali a cui si ispirano:
a) mandare messaggi del tipo: «Sono impegnata, ti chiamo io dopo!» pienamente consapevoli del fatto che questo dopo  potrebbe arrivare anche nell'arco di tre giorni;
b) ignorare i tuoi messaggi, rispondendo dopo tempo immemorabile, al punto che le risposte non vengono adeguatamente comprese da te che avevi posto la domanda cinque giorni prima;
c) mandare un messaggio come «Posso chiamarti adesso? Devo dirti una cosa» e fare cadere nel vuoto assoluto la tua risposta affermativa, lasciandoti in un'attesa rassegnata di quell'adesso che, ad essere ottimisti, giungerà dopo almeno un'ora e mezza.
Sottolineando, per onor di cronaca, che tutto quanto ho appena detto corrisponde a pura e verificabile verità, vi chiedo: voi a quale categoria appartenete?

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